31 Marzo 2021

Aver cura

By Adriano Preto Martini

LA CURA DELLO SGUARDO.La cura che propongo è la cura dello sguardo. Sono convinto che molte malattie entrino dagli occhi e dalle parole. Le cose che ci sono state dette, gli sguardi che abbiamo subito, sono anche più potenti di agenti patogeni esterni che possono transitare nell’aria o nel cibo. Non siamo un luogo a sé stante, apparteniamo alla comunità di tutte le presenze, quelle visibili e quelle invisibili. Si può ignorare la fisica quantistica, si può ignorare la chimica, ma noi siamo prima di tutto pezzi di natura, siamo apparizioni misteriose, e il mistero riguarda anche il nostro congedo dal mondo.
Al punto in cui siamo arrivati dobbiamo prendere atto di una cosa: siamo troppi e troppo invadenti rispetto alle altre creature del pianeta. Il nostro modo di procurarci il cibo ha tratti largamente disumani: bisogna cambiare abitudini immediatamente e discutere con chi non lo vuole fare.

“fare. Mangiare tanta carne e produrre armi non si può dire che siano alte conquiste di civiltà. Se vogliamo stare assieme nella casa del mondo non possiamo dare per scontato che un manager debba guadagnare cinquecento volte più di un operaio. Se vogliamo mettere al centro del nuovo mondo la salute delle persone, allora dobbiamo fare una seria battaglia contro l’inquinamento della terra, dell’aria e dell’acqua, contro la concentrazione urbana e il deserto rurale.
Ma questa attenzione alla scena planetaria deve accompagnarsi a una rivoluzione nel modo di percepire e di percepirsi. Un essere umano deve essere uno spazio senza confini, capace di confidenza con una farfalla e un buco nero. Se non costruiamo nei prossimi decenni un mondo di persone che amano leggere, che amano ascoltare, che sanno amare le differenze tra i luoghi e tra le creature, vuol dire che siamo già caduti in una sorta di fascismo planetario in cui non avremo un duce ma miliardi di individui in camicia nera, pronti a dare la caccia agli svagati, ai sognatori che non rispettano le regole.”

Passi di: Franco Arminio. “La cura dello sguardo”. Apple Books.

La cura

Abbi cura di me

Adesso chiudi dolcemente gli occhi e stammi ad ascoltare
Sono solo quattro accordi ed un pugno di parole
Più che perle di saggezza sono sassi di miniera
Che ho scavato a fondo a mani nude in una vita interaNon cercare un senso a tutto, perché tutto ha senso
Anche in un chicco di grano si nasconde l’universo
Perché la natura è un libro di parole misteriose
Dove niente è più grande delle piccole coseÈ il fiore tra l’asfalto, lo spettacolo del firmamento
È l’orchestra delle foglie che vibrano al vento
È la legna che brucia, che scalda e torna cenere
La vita è l’unico miracolo a cui non puoi non crederePerché tutto è un miracolo, tutto quello che vedi
E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri
Tu allora vivilo adesso, come se fosse l’ultimo
E dai valore ad ogni singolo attimoTi immagini se cominciassimo a volare
Tra le montagne e il mare
Dimmi dove vorresti andare
Abbracciami se avrò paura di cadere
Che siamo in equilibrio sulla parola insiemeAbbi cura di me
Abbi cura di meIl tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro
Basta mettersi al fianco invece di stare al centro
L’amore è l’unica strada, è l’unico motore
È la scintilla divina che custodisci nel cuoreTu non cercare la felicità, semmai proteggila
È solo luce che brilla sull’altra faccia di una lacrima
È una manciata di semi che lasci alle spalle
Come crisalidi che diventeranno farfalleOgnuno combatte la propria battaglia
Tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia
Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso
Perché l’impresa più grande è perdonare se stessoAttraversa il tuo dolore, arrivaci fino in fondo
Anche se sarà pesante come sollevare il mondo
E ti accorgerai che il tunnel è soltanto un ponte
E ti basta solo un passo per andare oltreTi immagini se cominciassimo a volare
Tra le montagne e il mare
Dimmi dove vorresti andare
Abbracciami se avrai paura di cadere
Che nonostante tutto noi siamo ancora insiemeAbbi cura di me
Qualunque strada sceglierai, amore
Abbi cura di me
Abbi cura di me
Che tutto è così fragileAdesso apri lentamente gli occhi e stammi vicino
Perché mi trema la voce come se fossi un bambino
Ma fino all’ultimo giorno in cui potrò respirare
Tu stringimi forte e non lasciarmi andareAbbi cura di meFonte: MusixmatchCompositori: Simone Cristicchi / Gabriele Ortenzi / Nicola BrunialtiTesto di Abbi cura di me © Dueffel Music Srl

Le poche cose che contano

Ti sei mai guardato dentro? Ti sei mai chiesto del tuo desiderio profondo? La nostalgia che si nasconde dentro te, Che cosa ti abita? È l’infinita pazienza di ricominciare, il coraggio di scegliere da che parte stare, è una ferita che diventa feritoia, una matita spezzata che colora ancora. La meraviglia negli occhi quando ti fermi a guardare la sconfinata bellezza di un piccolo fiore. Sono le poche cose che servono Quelle poche cose che restano Sono le poche cose che contano È la fatica e la forza di chi sa perdonare. È la fragilità che ti rende migliore. È l’umiltà di chi non ha mai smesso di imparare, di chi sacrifica tutto in nome dell’amore. La fedeltà di chi crede che non è finita, la dignità di portare avanti la vita. Sono le poche cose che servono Quelle poche cose che servono Sono le poche cose che contano  Noi siamo il senso, la ragione, il motivo, la destinazione, noi siamo il dubbio, l’incertezza, la verità, la consapevolezza, noi siamo tutto e siamo niente. Siamo il futuro, il passato, il presente, siamo una goccia nell’oceano del tempo, l’intero universo in un solo frammento. Siamo le poche cose che contano Quelle poche cose che servono Sono le poche cose che contano Quelle poche cose che restano Sono le poche cose che contanohttps://lyricstranslate.com

la cura

Dare il nome

Il primo compito era quello di «dare i nomi alle cose», che nel linguaggio biblico significa diventare custodi di ciò a cui si dà il nome. Dio si affida alla creatività umana e accetta i nomi scelti dall’uomo: il Creatore vuole che ogni uomo ampli la creazione con il proprio stile irripetibile. Ciascuno di noi è chiamato a pronunciare la sua parola sul mondo e con-crearlo, partecipando alla creatività del Creatore.

«Farsi un nome» vuol dire dominare, «dare un nome» custodire. Gli uomini di Babele non vogliono più «dare nomi» (ampliare il mondo e prendersene cura), ma «farsi un nome» (dominare e usare il mondo per autoaffermarsi).

Alessandro D’Avenia

https://www.corriere.it/alessandro-d-avenia-ultimo-banco/21_aprile_19/75-come-si-dice-ti-amo-persiano-4a5ab900-a082-11eb-b0fa-564f55184e78.shtml?refresh_ce